Lungotevere, quartiere Flaminio – ROMA

Invitato di compleanno. Sconosciuta la sposa per una sera, i tacchi antrace sotto le unghia vinaccia: un piedistallo di bellezza! La festa galleggiante di luminarie policrome a gonfiare vele. Battello fluviale. Borghese il crepuscolo, a nivee scie perlage in flûte e cellulari lampeggianti. Tra le amiche la gemella potabile in un tubino ottanio con spacco a lato dentro lucide scarpe beige, l’igloo a proteggere il cuore dopo stagioni di salvadanai e lussuria alberghiera. Pensasti che non indovinassi mai, eppure seppi ascoltare e il tarocco rovesciato dell’Imperatrice fece saltare il banco. Ci abbuffammo di notturni filanti con video e telefono, zippammo così il cielo stellato con una catacomba di Semidee in terracotta. E mercurio granulare ed acquatica magnificenza, poi sopraggiunse ammalato l’inverno. Capodanno Londinese. Non godesti che di un’orgia farcita con panna e rotoli di Sterline a formare uno scendiletto. L’abitudine più sgualdrina ti sedusse ma a mancare furono le mie braccia che colsero i tuoi affetti come tanti iris a trafiggere l’asfalto. Piansi, schiena a schiena. Ridesti, guancia a guancia. M’inventai un infinito da lottizzare insieme, una tela da tessere e disfare ad ogni week-end. Poi il commiato nottetempo verso l’aeroporto, irraggiunto. Sognando la Città degli Angeli mi raccontasti del Pacifico assolato, il cui premio sarebbe stato casa, il prezzo invece quest’anima fatta a pezzi.

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