Canto Primo

Dallo spazio beante, voragine primigenia, fenditura ancestrale, vulva siderale… come una Dea Matriarca dai mille seni od unico possente, adorata, in principio, del villoso elefante la zanna intagliata, germogliò gaia la Terra. E le Deità primordiali, con l’amore tragicamente umano e le indoli sanguinarie, l’alloro, lo zolfo ed il buio seme. Inventato stellante il belcielo da quanto strappato all’osceno abisso. Dal loro matrimonio e la pioggia feconda nacquero i mostruosi Giganti, incatenati ai gelidi averni. Le Gigantesse dal grembo vergine ed il pube di riccioli dorati. Poi avvenne il barbuto Satr, sposo di Opi, protettore agreste delle messi, dalla sua semenza gli antichissimi e oceanini Imperatori di Atl. Detronizzato, dal succo del suo midollo spremuto, trovò rifugio in Enotria, paradiso di montagne marittime ove sboccia l’espero. Quando abbandonata l’epopea aurea del mito di pace, generosa di ozio e, senza dardi, di bacche ortiche e frutta selvatica. Accarezzando il biondo frumento, nell’interminabile primavera or ora scomparsa, inaugurò col comparire delle stagioni l’aratura dei campi, la forgiature delle armi, il varo delle navi e la costruzione di ciclopiche mura. L’era argentea dappoi decaduta che colonizzò il Mediterraneo tutto per opera dei saggi Pelasgi, dalle chiome cenere l’eburnea pelle e gli occhi d’acquamarina. Fieri imbellettarono guadi e lande di robuste giovenche, le colline con allegre vendemmie e ovini da tosare o mungere, granfarro da mietere. Quindi la crudeltà delle armi bronzee pur non scellerate, coll’invasione dei tantissimi Popoli del mare. Infine le sfide teatranti, degli eroi, i prodigi di maghe e i tormentosi ritorni, dai canti d’assedi stupri rapimenti incendi. La caduta di Wilusa dalle scee porte e i cardini d’oricalco, che anticipò la furia Indoeuropea inaugurante il medioevo degli Elleni. Il silenzio notturno di veleni versati, i terremoti di lava e i suoni sordi del ferro crudele. Nella penisola dal cuore di Tyrrenia, che deve i propri tesori rupestri a coloro che innominati precedettero gli orientalizzanti Rasna, un brulicare d’infinite tribù dai totem animali e i capiguerra eponimi. Tempi di protoRe. Tempi di villaggi impalati. Tempi di sciamani e sacrifici umani. Dinanzi a me, catapultato bambino, un germogliare di funghi velenosi. Allucinogeni naturali di svariata natura e chimica sostanza. Soporifera, esilarante, inibente, anestetizzante, antidolorifica, eccitante, galvanizzante, delirante, immortalante. Idolatrata e scolpita, donna che sanguina ma non muore. Dona la vita non la morte, coltiva ortaggi e alleva animali, conosce le erbe, accudisce allatta svezza e medica, intarsia legno e avorio, fila e tesse la lana, plasma ceramiche, tratta le pelli e cuce il cuoio, conserva e cucina gli alimenti. Era l’archetipo femminile, tradotto in molteplici manifestazioni e idee e forme. La moglie assumeva le sembianze della divinità Haraia. Del matrimonio, del parto, dell’allattamento e dello stato. Superamento della condizione di disordine e panico. La dispensatrice in tutta la sua generosità assumeva le sembianze della divinità Ghemeter. Della fertilità, dei campi coltivati, dei loro raccolti, dei fiori e della frutta. La sacerdotessa, e vestale o massaia, assumeva le sembianze della divinità Vastuvydia. Della casa, dei rituali e lavori domestici e del focolare. La raziocinante che assumeva le sembianze della divinità Anahanna. Della saggezza, delle strategie, dell’artigianato. La guerriera che assumeva le sembianze della divinità Diviana. Dei boschi, della caccia, delle fonti e torrenti e laghi. La figlia che assumeva le sembianze della divinità Kore. In autunno-inverno regina consorte degli inferi e in primavera-estate portatrice di vita sulla Terra. L’amante che assumeva le sembianze della divinità Ashtaroth. Della bellezza e appunto dell’amore umano. Dimenticato dall’arte, uomo che doma e addomestica razze selvagge. Caccia, costruisce armi e strumenti, dissotterra tuberi, difende il clan e la tribù, offende quelli altrui razziando e depretando. Era l’archetipo maschile, declinato in svariate espressioni e concetti e plasticità. Volontà e potere identificati nella divinità battezzata Djeus. Del cielo, della folgore e il tuono, delle nuvole e la luce. Emozione e istinto rappresentati dalla divinità Foseidon. Del mare, dei terremoti e maremoti, anticamente dei pozzi. Invisibile e mistero identificati colla divinità Sur. Dei morti e le ombre, dell’oltretomba e della ricchezza materiale. Fisicità e impulso identificati colla divinità Arsen. Della guerra e i duelli, delle barbarie e risse e razzie. Arcaicamente della pioggia e fertilità agreste. Intelligenza e sfuggevolezza identificati colla divinità Erma. Dei commercianti e viandanti, dei pastori e mandriani, dei predoni e ladri e bugiardi, degli atleti, degli oratori e messaggeri, dei farmacisti. Ragione e distanza identificati colla divinità Apaliunas. Della musica, delle arti e scienze, delle profezie. Misticismo e trasformazione identificati colla divinità Zagreon. Della vendemmia e vino, del teatro, dei sensi e pulsioni, dell’estasi e liberazione e metamorfosi e resurrezione. Dell’androginia. Invenzione e solitudine identificate colla divinità Efthai. Delle fucine, della metallurgia, dell’ingegneria, della scultura.