Trasfigurazione

PREAMBOLO
[saggi e crudeli, figli d’un amore sacrilego, il sagittario, con flauto traverso, e la centaura, di lira, magnificano un Inno a Urano. E Dio e pianeta e ghiacciaio e arcano]
“O colosso glaciato, cielo stellante, di Gaia figlio e amante. Nostromo del mare Cronio. Nel tuo eremo blu, da divinità primordiale hai generati i Titani i Ciclopi e i Centimani. Arcipadre degli Olimpi, avolo di Giove, evirato dal tuo erede Saturno. Da cui le città Pelasgiche dalle rocche possenti e innominabili. Nel mentre, gocciato, il sangue arrecava vita alle Dee della vendetta, le ninfe canore e i terribili giganti. Ti osanniamo ed invochiamo! Malefico. E periferico, alla giostra Solare. Nel tuo ventre miscelati idrogeno ad elio, amalgamati acqua, ammoniaca e metano. Quindi bande, nubi, venti, rocce e ghiacci. Una rotazione retrograda, tredici gli anelli e ventotto le lune. Miranda Ariel Umbriel Titania Oberon. Poi ancora, Cordelia Ofelia Bianca Cressida Desdemona Disco Giulietta Porzia Rosalinda Cupido Belinda Perdita Puck Mab Francisco Calibano Stefano Trinculo Sicorace Margherita Prospero Setebos Ferdinando. Ghiacciaio in Antartide. Domicilio in Acquario, esaltazione in Vergine, esilio in Leone, caduta in Pesci. Imprevisto, originalità, progresso. Preghiamo la tua gelida ed arcaica Maestà azzurrina, perché aiuti il narratore incolto a trattare del materiale umano nell’assurdo orientarsi in labirinti di sentimenti e nel catasto di una fabbrica senza operai.”

SCENA
Calpesto il non pavimento ed osservo scalze le mie impronte come sospeso sopra ombre plastiche. Assomigliano a serpi che indistintamente si accartocciano in nuvole di nervi e squame. Impossibile distinguere i giochi erotici dai morsi velenosi. L’armonica dei sonagli, i travestimenti androgini. Ogni relazione è singolarità, le reciproche approvazioni sciarade… sembrano ipocrisie sottovuoto, l’abitudine dopotutto è una cuccagna, il sostegno stigma, l’idealizzazione leggiadra emarginazione. Non sono animali comuni, necessitano di conferme, s’illudono che il tempo sia loro mercede, temono l’asprezza della verità e la fatica delle libertà, la minacciano talvolta per garantirsi un’accettabile sopravvivenza. Il possesso socialmente ammesso. Nozze da organizzare, prole da svezzare, amanti da prenotare, divertimenti da replicare, festini da orpellare. La vedova Myrea, fiera e giunonica, oltre e verso tutte: “Detesto sia gli eroi che le battaglie navali e dei villaggi gli incendi assassini, guardate quante lance spezzate o vergini stuprate, nefandezza che non conoscono né saprebbero scatenare ma ne pagano a me il prezzo! Per intero. Non li ascolto, non li perdono, non li ammalio, non li sogno, neppure ne suturo le ferite. Mi ricordano il peggio dato, finché ancora giovane avrei potuto osare o goderne. Preferisco distinguermi appena e credermi guerriera, senza diventarlo. All’occasione matrigna e giudice dei loro vizi. Ho portato in grembo e allattato i campioni della sportività domenicale, merito la statua che manca. Altrimenti, mi accontenterò di una bianchissima tomba”.
AMBIENTAZIONE
“pseudopiscina” coperta da uno spesso vetro dove delle coppie si sussurrano sgridano o baciano come stessero, finti pesci, in un acquario privo di acqua.
MUSICA
Johann Pachelbel, canone in re maggiore

CONTROSCENA
La lana rosso-fiorentino delle poltrone contrasta con gli scalini nero-portoro che legano a cappio una mandria inerme al pubblico pascolo. Assisto divertito al loro spettacolo umano: un chiacchiericcio misto a schiamazzi, oltre il muro traslucido. Il lavoro non nobilita bensì aliena, è la catena di montaggio che ci sottomette in zelante schiavitù, grazie alla manipolazione di massa via satellite. La più diffusa delle pseudo-sicurezze è il denaro, quella sensazione di benessere guadagnato anziché concesso o sottratto, prostituzione reiterata nell’insistere ad acquistare compulsivamente ed ossessivamente pensare di guarire. Lo studio progettato come un ascensore, quando è il salire ignudi a formare, l’ascolto ad insegnare, l’accettazione ad emancipare. Risalta scosciante Anthea, una cortigiana in odore di longevità malata: “Comprendete quanto ho da svelarvi, rappresento il vostro vergognoso segreto quindi il più sincero dei verdetti, il più innocuo dei rapporti. Sappiate che la meretrice ed il suo paziente si violentano vicendevolmente, abbiamo poi da gestire l’abbandono calcolato e serenamente potete appellarci sostitute d’amore. Non derubiamo, pur ghettizzate avanziamo la richiesta ribelle di diritti ancora sconosciuti. I rapporti di potere andrebbero scelti mai subiti, dopotutto, sia amanti che madri, suppliamo alle assenze, dispensiamo affetto mutuandolo dalle cicatrici. La politica e la religione denigrano i nostri frequentatori essendolo anch’esse tacite. Rammentate, la minzione non mente al contrario dell’orgasmo!”
AMBIENTAZIONE
“antiteatro” separato dalla platea, tramite una tenda trasparente, dove gli spettatori dialogano ridono o tacciono come fossero cuccioli di puma in uno zoo montano.
MUSICA
Wolfgang Amadeus Mozart, lacrimosa

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