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Lavinia incoronata

Pallida vergine, sul mio eneico amore
l’ira suicida del regale ed Amatissimo ventre.
Tirrenica è purezza, Latina delfina.
Quanto rossore in tali gote,
s’una figlia col destino più grave della placida vita.
Missione fatale da chinare le querce,
scenario smisurato da scalzare i canneti.
Oh verità lacrimante,
ogni memoria ciba fantasia
ogni seria altezza un balsamico concime.
Promessa sposa maritai un esule barbaro,
bellicosamente spezzati i patti
a suggellare un’alleanza del tutto nuova,
ed il futuro più glorioso
ed una corona più famosa.
Scrofa avida della progenie Albense,
solitaria e vedova nella selva,
favolosa signora delle capanne.
Dei caprioli, i policromi fagiani,
rane zuppe e gentile erica.
Venerea idea d’incanto, nella mezzaluna te sembro:
biondi i capelli dell’infedele radice,
mano soave dal dito più lungo del palmo,
coperto di rughe a circonferenza il collo,
Greco il piede,
strabico lo sguardo,
oblique le linee nell’addome,
simmetricamente incavate le natiche (fin troppo baciate).
Ad eternità consegno il fior fiore delle orbite,
astrali roseti che seppelliranno,
blandi, gladi e croci.