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Partenope

Coney Island – Brooklyn, N.Y.C.

 

Aurora, smaltata di vento. Dagli stracci vermigli e, ad imitare un ghiacciato rosé, feroce virginea odorosa, come bella di notte bruci o splendi! Stordito sulla spiaggia ad ammirarne la pirotecnica, naufragai annoiato dal chiasso nottambulo. Scaraventata sulla sabbia una creatura dai capelli zuppi ad obnubilar il belviso, le alghe nel vestire la bestia insueta, di lividi e piaghe. Piegata sul grembo con un braccio teso ad incolpare l’oceano e l’opposto quasi cadavere sotto l’abbandono fortissimo del corpo. La sollevai, virile pietà alcolica e trasognata, per sottrarla al grigiore marino. Gelide le mammelle, cianotici i piedi, sbarrati gli occhi. Sollevai quel busto di carne per portarla in secca, trovammo riparo vicini ad una barca dismessa, asciugate le membra imbevute, come spalmassi un unguento per scaldarla sotto la lana della mia pelle. Rifocillata con caffènero e baci di cioccolata, la rassicurai circa gli inconvenienti della navigazione senza sole né altre stelle. Si elevò dischiusa a vitanova mentre raccoglievo gli stivali e con un legno storto mi picchiò a sangue, abbandonandomi a terra. Vidi svanire sfiatato l’orizzonte (fuori fuoco), un’oblio di ondine defunte.

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