Da “Le memorie dell’uomo topo”

La nascita di I-O

La mia sorellastra mi odiava o forse ero io che odiavo lei. Rimarcava il fatto che fossi brutto, testa grande con pochi capelli e spalle strette. Dissepolto, volli riabbracciare il mio cane per un’ultima volta. Gracile, ostinatamente antipatico, capace comunque di sopportare la solitudine. Il cervello colava fluido dalle orbite oculari. Povero cane e povero me, con le mani sporche e collose.
Custodivo gelosamente le lettere di mio padre, il mio vero padre, morto in Africa, morto senza nessuno. Quante volte mi sono domandato se mentre stesse morendo, tra le allucinazioni ed il dolore mi avesse spedito un bacio soffiando sul palmo della sua mano.
No! Queste lettere parlano del nuovo pensiero nato, pieno di luce o dal seme buio di un’anima vorace. Malato. Una discriminante potente, l’antipatia generosa risorsa. Il giardiniere lanciava sacchi di letame dal carro, tutta quella merda avrebbe aiutato a far nascere piantine e alberi e vermi .

Lettera prima.
Carissimo […]
Dal sottosuolo, nella cantina spettrale, illuminata dalla lampadina singhiozzante e fili spellati e umidi, l’occhio di Dio. L’occhio volle la parete coperta di catrame, una parete fluida puzzolente di catrame. Caldo afoso, bolle gassose vomitarono esplodendo i pezzi di un essere umano, espulsero una lista infinita di sentimenti dolciastri. Un vento soffocante sibilava portando con se un canto ed un nome. Nacque I-O, dalla solitudine miserevole di ogni essere umano e nacque malato come tutti i capricci di Dio. Nacque solo, senza neppure un fottuta madre, una di quelle che abbracciano il proprio figliolo.

Lettera seconda.
Carissimo […]
Il fiore bianco con la forma della luna.
L’ipomea bianca, nel grande giardino che circonda il faro, i sentieri di pietra le piccole torri delle vedette, cannoni arrugginiti, gli uccelli dalla lunga coda e dalle piume argentate e turchesi s’inseguono nel cielo, forse giocano. Sono gli stessi uccelli che accompagnano planando il traghetto che collega queste due isolette, pescano sfruttando l’ombra della nave.
Il faro è esposto ad ovest. Tutti gli innamorati vengono a sedersi qui per ammirare il tramonto, molti si portano una bottiglia di vino e due calici.
Questa pulsione demenziale di voler far restare magico un momento o un ricordo.
Io cerco di ricordarmi perché sono venuto qui. Le rovine di un muro vicino la polveriera. Incise ci sono delle date. C’è una grata che protegge una scala che porta nel sottosuolo della fortezza, l’unica parte che sembra ancora intatta. Io devo scendere giù lo sento, lì vive l’uomo topo.

Dialogo con l’uomo topo in due battute

Scesi nel sottosuolo indietro nella memoria, ogni gradino tagliava una fetta di tempo. Contai 50 gradini, sull’ultimo.
Ebbi una sensazione di leggerezza, di protezione, assaporai il calore materno.
Il cordone ombelicale.
Il pianto forte del neonato, livido, sporco, da lì a poco avrebbe toccato per la prima volta e per l’ultima il seno della madre. La levatrice era bianca, un occhio bendato il mio primo ricordo.
L’uomo topo :”Delirio, delirio, delirio, il profilo del delirio la pasta del delirio la forma primitiva
del delirio.”
I-O: “avrei bisogno di farmi un bagno e di vestiti. Io dove sono, cos’è questo posto?”
“Liberian girl, you came and you change my world… A feeling so true.” (Michael Jackson)

1896 le miserie dell’uomo topo

I vizi e le puttane sono sempre stati il più morbido rifugio dove poggiare la testa prima di addormentarsi. L’oreiller.
Nel cunicolo di tufo scavato sotto il convento che portava fuori verso la palude, le suore partorivano feti e abbandonavano placente e cordoni ombelicali, tutti rifiuti biologici: vite già spezzate, umanità disumanamente non gradita.
Il Cardinale usava gli indici delle mani come 2 grossi uncini, sadico. Torturava i fanciulli poi li violentava per ore.
I-O: “Sleepers di Barry Levinson, il film un capolavoro. Credo tratto da una storia vera.”
Sakuranbo: “leggimi la descrizione del prato. Hai scritto in maniera comprensibile?”
I-O: “ci sto provando , ma ogni volta capto migliaia di particolari…non riesco proprio a districarmi, moltitudini di soggetti e di azioni ovunque; in un solo metro quadro, il prato è immenso. Capisci cosa dico? Come faccio arbitrariamente a dire questo si e questo no… non mi sembra giusto.”
Putrefazione: i batteri qui compiono miracoli, trasformano delle sostanze proteiche in composti più semplici, alcuni dei quali sono volatili ed emanano un fetore caratteristico. I corpi si gonfiano e poi baaammm! Scoppiano! No non è vero, non scoppiano …peccato.

Il prato

Sul fiore armeggiava un’ape coperta di polline purpureo a sfumare in un violetto tenue. Il fiore amato con passione dondolava dolcemente il cranio sullo stelo, in basso, sullo sterco di vacca i mosconi magnifici dall’armatura Metallica color smeraldo. Funghi bianchi tra l’erba, fiori di campo, farfalle in voli rigidi e segmentazioni a giocare tra di loro e con il vento (vita breve ma ammirata quella delle farfalle).
Io completamente sordo percepisco odori, più che altro profumi, fragranze, anime disegnate. Penso tra qualche mese la brina ed il gelo distruggeranno tutto. Una pellicola biancastra e l’erba sarà bassa e secca. Oggi è alta, anche per il pensiero impenetrabile che circonda la quercia vigorosa, e li c’è ombra e si può riposare, fuori da quel cerchio scuro, soleggiando l’anima, m’incammino.
“Mi sto lentamente dimenticando del mondo nel quale ho vissuto per quasi mezzo secolo e di tutti quelli che fino ad ora ho potuto incontrare, un passaggio obbligato e solenne verso l’abisso, il nulla.”

1738 – le memorie dell’uomo topo

I-O: “siamo coscienti di combattere battaglie già perse. Il senso eroico e tragico della vita di un inutile ‘lasciasegni’, un tentativo maldestro di riempimento di vuoti esistenziali…”
Sakuranbo: “dai falla finita andiamo al bordello a bere con quelle ragazze dell’altra sera, passerai del tempo senza torturarti il cervello.”
I-O: “non so, veramente non me la sento, mi viene in mente il pezzo dove regala gli $8 alla puttana per non fare sesso cercando di sfuggire al suo blocco mentale e all’impotenza, i soldi spediti da sua madre; ti racconterò un pezzo del sogno, andrebbe interpretato.”
Sakuranbo: “la poesia che abbiamo scritto è un’ode alla morte/metamorfosi, il monologo è fluido poi divampa come un incendio che andrebbe spento subito o forse che andrebbe ammirato mentre annerisce e distrugge tutto.”
I-O: “nel sogno mi cadevano gli occhiali in mare ed un granchio me li prendeva sul fondo ed io nuotavo per riprenderli, ma lui si nascondeva nella tana, non riuscivo a recuperarli e dovevo respirare, obbligato a risalire, rinunciavo poi a cercarli e dimenticavo tutto…”
Sakuranbo: “la poesia è stata pubblicata oggi. Ho scelto il titolo e per l’immagine… l’iris blu/violaceo, che ne dici?”
I-O: “leggimela, il pezzo che abbiamo scritto, è sceso veloce dal cuore allo stomaco, si è fermato prigioniero delle emozioni che provavamo.”
Sakuranbo: “merita d’essere letta da qualcuno con una bella voce, cupa, spenta…”
I-O: “immaginiamo il lettore con una voce profonda che echeggia nella mente, dai! Partenza.”
Sakuranbo: “( la poesia)”
Sakuranbo: “ok”

M UD

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I-O: “R.I.P. ha ragione, quando vivi in una casa con dei gatti è molto difficile ospitare anche dei topi.”
Non ci sono animali brutti e cattivi o buoni e belli, ma il puzzo d’urina di topo da il voltastomaco.
Forse non ho topi, grazie al mio vecchio gatto, ma in casa ho le simpatiche blatte, le terrificanti zanzare , le fastidiose mosche, le prepotenti formiche, le crepuscolari scolopendre… tartarughe, lucertole, galline, ogni tanto ‘una cagna’. Oggi volavano delle farfalle bianche intorno ai cespugli nell’aiola. I calabroni e le api. Ragni, grilli la sera a sbattere la testa sulla lampadina della cucina all’aperto. Gechi dal corpo trasparente, falene. Piccoli uccelli dal petto giallo, ossa di pollo, qualche capra.
Sakuranbo: “il prete pederasta, proponeva ai fanciulli champagne economico, sorrisi languidi, leccare il viso, le carezze sulla testa.”
I-O: “ci fanno fuori, questa roba non va!”
R.I.P: “è il pensiero che genera materia asseriva Giordano Bruno, noi siamo solo emozioni è solo l’attimo che stiamo vivendo che conta.”
Sakuranbo: “dedichiamo a G. un canto scritto da noi 2, chiedi amore; dalla galleria grandi ventilatori neri fermi, stalattiti metalliche. Monossido di carbonio CO”
I-O: “la luce a volte protegge il buio che alberga nella nostra anima. Pensavo alla camera più sporca dove dormii, mio malgrado, fatiscente.”
Di quel vecchio sentiero non era rimasto poi molto, noi da ragazzi lo percorrevamo per arrivare al ruscello; l’estate lì faceva fresco e ci andavamo per vedere le ragazze in costume saltare nella ‘buca’.
Dopoalcunilongislandmodificatielacolazionedelcampioneunorettaditaichi.
Riempite con i vostri escrementi la tana di un topo ed anche il povero animale penserà male di voi.
N.B. Le blatte fanno finta di essere morte capovolgendosi sul dorso, restano immobili, poi se le giri come per magia scattano verso un mobile o un buco per nascondersi. Autodifesa. Se rinascessi vorrei rinascere blatta.

DE LI CA TE

I-O: “per me , disperse le membra, naufragio, l’eterno ritorno, ricordo; delicata come la neve, delicata come la bellezza interiore”
Sakuranbo: “d’accordo non dobbiamo cadere nell’equivoco, daremo luce alle vecchie stanze tumefatte, aspetto quell’aria fresca entrare dimessa”
I-O: “un sonno lieve, vastità, silenzio, impotenza, ricordo quel pezzo di vita di John Fante che mi donasti una domenica mattina. Affogare è come scrivere, letteratura per descrivere la morte, senza poter scrivere.”
Sakuranbo: “il suo Ask the dust. Commovente, a loro manca la storia e non se ne curano affatto.”
I-O: “per me quella sensazione vissuta guidando in Florida verso sud.”
Sakuranbo: “perché; To the west? Realizzato un sogno ne desideriamo concepire un altro.”
I-O: “resa, drammatizzazione, suggestione, sono giorni che il vento ulula, il chiarore di pochi astri, germogliati tra le pesanti nubi metalliche.”
Un pezzo di seta, l’unico pezzo di pelle. Poi, dovresti non amarti più, concedendo il tuo tempo ad un altro ameresti veramente.
Dialogo con Elle, per il corvo, di simbolo nefasto, mangiando cadaveri abbandonati, cruenta, i nuovi spiriti e pensieri, giacciono nel nascondiglio del silenzio. Danzò per me e pagai il suo tempo $80”.
[…]

The Power of Love…
Killing in the name…

Le notti luminose, nemmeno la stanchezza riesce a cullare il sonno…
Plenilunio, riflesso argenteo, sull’oceano impazzito che spinge il frastornante suono delle onde…esse si riversano sulla sabbia con prepotenza (i nostri capricciosi pensieri).
Noi, I-O e Sakuranbo, seduti davanti al fuoco ognuno con un bastone a giocar con la brace ardente, osservando il maestro, piegato su se stesso, come una busta annodata, colla ciotola della minestra in mano ed un pezzo di pane *avvolto in un fazzoletto di stoffa, *nemico della fame.
R.I.P: parafrasando Erasmo da Rotterdam “in verità vi sono due specie di follia. Una scaturisce dagli inferi, tutte le volte che le furie vendicative, lanciando i loro serpenti, suscitano nei cuori dei mortali l’ardore della guerra, o l’insaziabile sete dell’oro, o un amore turpe e scellerato. Vi è poi un’altra follia molto diversa, che nasce da me e tutti la desiderano. Si manifesta ogni volta che una dolce illusione libera l’animo dall’ansia e lo colma di 1000 sensazioni piacevoli.”
Sakuranbo: “e si accende improvvisa, le parole cominciano a prendere forma e creano immagini e luoghi e tempi e dimensioni…”
I-O: “e creano il vuoto tragico di ogni fine… e si; anche quando si accende, allora capisco perché piange mentre le tiene le mani e la vede sorridere, si concentra con lo sguardo sugli angoli della bocca di lei, cerca di amarla… ma il suo cuore è distante, come se ci fosse un oceano tra di loro.”
Sakuranbo: “ci siamo! Mentre le tiene le mani, nella sua mente scorrono immagini d’ombre e lampioni deformi saldati all’orrore reale.”
I-O: “ecco maestro, il seme della follia germoglia e spunta la foglia buia dagli inferi delle paure, la foglia di luce dall’abbandono della conoscenza.”
Nemmeno loro seppero inondare di luce, gli occhi vacui di lei.

[…] for so long

Sakuranbo & I-O si fermarono ancora, immobili, arrendevoli, eliminato il senso della vista, dilaniate le apparenti superfici: “in onda”.
Sakuranbo: “…direi; memorie dal sottosuolo, una scrittura maledetta, maledetta punto e basta. ”
I–O: “ne sono certo, guarda la gente del villaggio che frenetica si affaccenda, la maggior parte di loro non usa che gli occhi per conoscere. Sterminate sensazioni annidate nell’oscurità, oltre il battito di ciglia… forse ci sono mondi che si spengono in quella frazione di secondo.”
La pioggia scroscia sui tetti di lamiera di zinco.
Sakuranbo: “innegabile, conclusa questa prima fase (sollecitata la disperazione), il passo dove i genitori lasciano le mani del figlio. I bambini non masticano la paura.”
I-O: “sto giocando, sorvolo, spettro deforme e fumoso, occhi bianchi, avversi, la paura del nulla, oppure uno strisciare dinoccolato ed i capelli grigi e sporchi e i soffi e gemiti e denti digrignati.”
Sakuranbo: “l’hai fatto ancora?”
I-O: “tutto quello che non si può fare, illegale fino al midollo. Il punto 1, una vita da scrittore, anche se poi non scrivo. ”
R.I.P: “visioni mistiche, quei proverbi dall’Inferno, la tuta da meccanico, lo studio dei mostri sacri e ricordati di sputare sangue. Non credo nell’interminabile fase di talentuosa fecondità.”
I-O: “i segni sulla mia pelle si accavallano, i pensieri si fondono con i miei vizi e creano disumane ossessioni. Varrà la pena di soffermarmi sull’analisi della rana bianca/morta , quel fiore di cupidité.”
Sakuranbo: “il libro che le regalerò…”

Interruzione brusca.

I-O: “ho trascinato valigie di libri e mutande di cotone ovunque , impigliato nei meandri insidiosi e oscuri della mente; osservo, non posso fare altro, nessuna legge, nessuna regola, questo è il creato, conclusione: a me produrre non interessa. ”
(Ridiamo)

L’uomo grigio di Tangeri

Non riesco a sopportarmi in un posto che conosco come le mie tasche, tu fornisci la sgorbia ed il bisturi… io stacco le croste di cera viola e rosa dalla tua pelle … l’attenzione sul calco del prato di peli.
Oltre il gomito, i tossici di Kabul, i bambini di spazzatura del Burundi, il coprispalle trasparente…
C’è un pezzo di storia, quello dove la censura salva i corvi…
Demolite la speranza.
Sto strisciando nella nuova linfa, offese; chiama ogni … fetido…
Per paura ? Lo spillone d’osso trafigge il naso… poi colpisci duramente qualcuno a caso con le parole.
Dossologia per Cristo.
Un sovrastare spettrale. La fame, il freddo.
Un nuovo canto.
Assiepato, il glicine, deformava con la forza la ringhiera arrugginita. Il giardino della casa di erba e fiori sudditi , la finestra della camera da letto che dava verso l’orlo del precipizio, di lago buio, vulcano spento… oltre i faggi, adesso rossi e gialli, nei tronchi antropomorfi dei castagni: La disperazione dell’uomo/nulla.
Lugubre.
I-O: “Come puoi fare male alla rana o al cigno tirandogli sassi infami? [Il viso sporco, gli occhi, le grate del tombino]. Prendi quel che ho messo da parte per te… saccheggia la mia gentilezza , curerà il tuo odio.”
Vi racconterò una storia.
Dormivo male, certe volte nel sogno non riuscivo a camminare, i piedi in quel fango vischioso e l’impressione di non saper più correre. Volevo allontanarmi da qualcuno.
Sakuranbo: “mi aspetterai? Stai scavando oltre il nulla? Guardati al tuo ultimo specchio, di quella stanza tumefatta resti l’unico custode.”
I-O: “Sono rimasto sulla spiaggia sotto la pioggia calda ad osservare i fulmini solleticare l’oceano e ad ascoltare il rombo assordante del tuono, le nuvole nere striate d’elettricità ed io …un solo uomo; in quel momento appare il disegno della donna bendata nuda nel cielo, la stessa del dipinto a olio ma 100 anni dopo; è tutto inutile.”