Assolo

D’oro zecchino l’ingranaggio spaziale,
bulloni vernice e grasso consunto.
Avvitamento di falene,
elezione delle messi,
cifra dei parapetti:
non basta l’amore, non bastano le parole!
La vita, neppure.
Resisterò alle stragi
prostrando il gozzo nudo,
tra conati di vomito e spose in fiamme.
Pinte di follia per ogni cortese vanità,
che fosse euforico disprezzo
che sia vivace mistificazione.
Galloni di lussuria per ogni taciuta libertà,
che fosse fradicia speranza
che sia tenace confusione.
Una sarta che imbastisce i seni
gonfi di plastica
o latte o carne viva.
Una scrofa che disseta scimmie
strozzate da vigne munte.
E’ questa l’ostinazione, di sudare miseria
credendosi generosi.
Trasgressivi, eroici persino,
sapienti di pudica ricchezza.
Incollate le figurine,
allacciate le stringhe,
sbattute le ciabatte,
tentavamo di farci amare.
Né per troppa gioia
né per troppo dolore,
abbandonati abbandoniamo.
Impazziti, viziosi, assenti.
Ora, ci dipingo spogliati
ora, ci filmo fuggiti.
Dentro cieli scaduti, soltanto adesso
al mare che verrà.
La pietà lignea
della più schifosa delle gioie,
dopo aver tristemente riso.
E inutilmente pianto.