Chapitre 1
Nocturne op.9 No.2 (Chopin)
…
‘Nè di vita, nè di morte, qui si spegne il mio talento, qui si esauriscono le mie conoscenze. Tutte. Resta la forza di un Sogno tramutatosi in Segno.’
Sakuranbo: “Il fiore conservato secco in questo fazzoletto di cotone, che ho portato con me; ed ora lei mi mangia. E non posso che osservare la pioggia di sangue.”
I-O: “Per lei ti sei spogliato di ogni petalo, e di te in questo istante è rimasto solo uno scheletrico stelo.”
La Città Santa
…i quadrati irregolari la roccia magmatica, sapientemente scolpita, fortifica il perimetro della città Santa. Ad ogni tramonto le mura altissime si abbattono con la loro pesante ombra su sguardi spenti di anime martoriate e sembrano inseguire, allungandosi in orizzontale, chiunque tenti di fuggire loro. La corona di merli guelfi, nelle notti di luna piena, sembra il ghigno terrificante di una malvagia creatura. Tredici le porte. Inaccessibili alla moltitudine cenciosa che ogni giorno le attraversa, è la forza e il significato del numero. All’interno del recinto di pietra l’aria è pesante, viziata, soffocante e impolverata, puzza di morte e di zolfo e fa impazzire chi la respira. Uomini deformi, persi nell’inganno e donne piangenti si ritrovano genuflessi e oranti per la salvezza delle loro anime. I figli dei figli di Dio rifiutano irriverenti il nutrimento dal seno delle loro madri, ma glielo staccano a morsi.
[…]
La porta M.D.M.A.
Ignoti scalpellini, inesistenti nella memoria, dimenticando lo sforzo, pagati a tozzi di pane, gli uomini-maiale dai mantelli rossi sfarzosi ingrassano iniettando di odio il giallo contorno delle nere pupille, possesso e potere ed ignobili menzogne abbrutiscono un popolo spento e obliato.
…sul colle, le bellissime Maddalene baciano sorridendo l’anello del pescatore, ospitate in gran segreto nella sfarzosa loggia dalle sottili membrature in peperino. Altre meno belle vengono ricacciate verso la palude da caste Madonne dai denti guasti e dall’alito fetido, che con i bastoni alzati invocano l’alleanza con Dio padre e allontanano sdegnate i capelli rossi e i peccati della carne. Lassù il palazzo, capsula ermetica del mistero della fede e di segreti inconfessabili, ci lascia sgomenti. Il palazzo, luci rosse dietro le pesanti tende di velluto damascato, incenso e candele allo stremo, squagliate davanti all’altare, impietoso per forma e materia. Riecheggiano risa di godimento nelle sale buie e nel giardino pontificio. Inginocchiati, muti, sulla pietra fredda della chiesa monumentale, cristi piagati e sanguinanti, spendono accorate preghiere per la loro redenzione.
A salvarci è una lucidità soprannaturale, momentanea. Sappiamo che dobbiamo varcare il recinto di pietra e proseguire il viaggio. Basta seguire il filo di sangue che scorre vicino ai nostri piedi. Cercando la sua origine arriviamo sotto l’enorme porta, spalancata e rafforzata con piastre di ferro. Robusti chiodi trapassano il pesante tavolato. È questa porta che ci permette di andare. Audacia e coraggio assecondano le nostre necessità più autentiche. Muoviamo il primo passo verso l’ultimo.
Il viale: crocifissioni e roghi.
KÖRPERKULT
The Steeplechase
Censurer
I-O: “blasfemie”
Mentre attraverso da vivo la navata della chiesa… San Luigi dei Francesi. Un monumento alla guerra, certo, la puzza degli uomini accalcati, i faretti sparano una luce gialla mal indirizzata a pagamento, senza alcuna pietà verso affreschi e dipinti, io scelgo in controtendenza, scelgo il mio cristo in legno scarnificato con gli occhi di vetro.
Mentre la chiesa è d’oro e piombo, costruita con il sangue edificata con la menzogna, io cerco di pregare, fisso i sacerdoti africani, li sfido a duello. Hanno peccato lo sento, svuotano la cassette delle offerte, cranio rasato e scarpe di pelle nera.
Oggi per loro è festa, è il giorno del Signore, il giorno del Signore lo vivo da sempre spento angosciando mia madre.
Sakuranbo: “Compri il tempo, non compri il sesso o 20 baci.”
I-O: “Con me sei indulgente, (non penso), la mancanza della croce come simbolo per l’uomo è una benedizione. Con quei quattro punti cardinali… chiesa – casa – lavoro – famiglia. Il tritacarne.”
Il Sacerdote Africano: “Abbiate rispetto della casa del Signore.”
I-O: “Usciamo. Spero che incontrerai presto il tuo Dio.”
Sakuranbo: “…”
I-O: “Andiamo, vivremo nel buio o magari nella luce di vette innevate. I preti adesso li fabbricano in Africa, Asia e Sud America: dove c’è la fame e l’ignoranza muore nella stessa forma con la quale nasce.”
Nel bosco.
Qui sono tornato fiore, qui ho l’odore dell’animale,
Poi è forse vero che per descrivere il cielo non bisogna portare in alto la materia della Terra, le parole pensate in Terra.
Il sentire il cielo è salto verticale senza ritorno.
Questo pensiero, poggiato ad un albero, abbraccio l’albero e qualcuno mi maledirebbe con la parola pazzo.
Peel.
I polpastrelli a sfiorare con gli occhi chiusi, i sensi allertati, nella penombra.
Parlano il “vecchio” inglese, sulla barca, un ricordo opaco di commercianti di schiavi e bestiame;
E poi une église de St.George, di pietra lavica sorge nella baraccopoli.
Non arriveresti mai, lo stupido desiderio di essere accettato, parte di quella umanità usa-e-getta e saccente “e questo si e questo no.”
il “nulla alle spalle “, invece, garantisce quando apri gli occhi di osservare tutto quello che semplicemente non esiste.
[Il viale delle crocifissioni ed il rogo del filosofo]
KÖRPERKULT/ BOTOX
Sakuranbo: “La fortuna ci ha aiutati, ancora 10 minuti e ci avrebbero linciato, o peggio avrebbero chiamato ‘ le guardie ‘ per farci arrestate, nessuno è mai riuscito a raccontare delle torture per estorcere finte confessioni inflitte ai prigionieri.”
I-O: “Quei due ‘pazzi ‘ che hanno cercato di soccorrere il funambolo caduto mentre attraversava il vuoto squagliandosi in un’esplosione di viscere a terra. Il primo urlava di giorno al popolo le sue verità tenendo una lanterna in mano. L’altro che veniva insultato e deriso mi pare si chiamasse Zarathustra.”
Sakuranbo: “Meglio così, allontaniamoci da questa fogna e procediamo verso il lago, lungo è il cammino che ci attende ed è quasi notte.”
Il viale parte dalla porta che volge a sud, come la vita del libero pensatore procede in salita. Non troppo distante seguendolo giungeremmo agli edifici esterni alla città: le caserme e le prigioni.
Abbellito a destra e a sinistra da fila di crocifissi guarniti di corpi umani, semimorti, alcuni morti freschi, alcuni agonizzanti, alcuni putrefatti. Altri illuminati dal chiarore del fuoco divampato dalle pire dei bruciati vivi.
Le Dame marionnette della famiglia BOTOX, figlie di un unico padre ma sfornate da diverse madri mai conosciute, dipingono le tavole di legno con il sangue umano da posizionare sopra le croci. Su ogni tavola vi è scritto in lingua nazista KÖRPERKULT.
Su di un piccolo promontorio dietro le croci che danzano tra la luce del rogo ad est bruciava il filosofo Giordano Bruno.
Camminiamo e le donne portano del finocchio e della lavanda per coprire l’odore della carne umana bruciata. Lo sguardo poi su quei poveri disgraziati sbudellati sulla croce, ingioiellati ed incoronati con il proprio intestino.
Quale orrore, neanche Kurtz potrebbe accettare tutto questo, ed il mio dolore per l’impotenza che provo per non riuscire a fermare tutto con una sola parola: “basta!”.
THE LAKE OF BLOOD
‘And the little White shape dancing at the of the end of the hall.
Is just a wish that time can’t dissolve at all.’ (Nick Cave- bright horses).
I-O: “E poi non sono mai stato scrittore, forse un giorno sarò scrittura, e le mie parole basteranno a se stesse. Eccole le mie cicogne al gelo ed i fagottini cadere gonfi di piccoli corpi devastati dal demone alato, ad inquinare col rosso sortilegio del sangue, le acque prigioniere di queste sponde. Le acque rosse di memoria.
Come coriandoli bagnati dopo la festa, frammenti di me precipitano senza pietà a terra, e stagna la mia tristezza non troppo lontana da una volontà disperata di felicità.
R.I.P.: “A forza di sognare/ mi sono risvegliato /e sono stato solo/e sono stato amato. A forza di forzare/ la porta emozionale /ho finto di esser vivo/ ho finto di esser nato.”
‘Una spelonca profonda, protetta da un cupo lago e dalle tenebre dei boschi, sopra al quale nessun volatile può impunemente avventurarsi ad ali spiegate.’
[Virgilio, Eniede – libro VI]
La mattina appena sveglia Iris prepara la pozione.
Iris: “I fiori di loto per la discesa nelle oscure acque senza respirare, […] per comunicare con la mente senza parlare”.
Il tempio del demone.
Nelle acque del lago.
Iris versa la pozione nelle acque rosse del lago dipinte col sangue, leggeri noi percepitiamo ogni pensiero l’uno dell’altro ed entriamo senza più aver bisogno di respirare, camminando sul fondale come se fossimo su terra.
Inghiottite dall’oscurità giacciono nel limo le rovine del tempio sconsacrato, tana del demone. Nascosta dietro l’altare una lapide di pietra nera mosaicata con tessere d’onice. Il portale tra coscio ed inconscio. Fermiamo gli occhi e passiamo da una dimensione all’altra.
Percepiamo le stesse immagini, sensazioni, suoni.
E vediamo due porte nella mente distinte: una d’osso ed una d’avorio e scegliamo tutti la stessa e varchiamo la soglia. I nostri stracci sono tornati ad essere vesti immacolate e la mia corazza forgiata con maestria dalla follia e dal coraggio ormai logora torna finalmente a scintillare…
Guardando davanti ai nostri occhi la foresta brucia ed un unico sentiero permette al passo di proseguire.
Ci prepariamo per affrontare quell’ultimo tratto e di conseguenza la probabile fine della nostra avventura.
Dobbiamo raggiungere il campo di battaglia e varcare il santo cancello di ferro nero con l’iscrizione modellata in ottone che recita: “Der Glaube macht den Meschen frei.”
THE END (le porte)
I-O: “Sono queste colline, onde nere, di riverberi incostanti, traslucide, iniettate del sangue dei papaveri ardenti il giorno. Fermiamoci! Fondamentale; non sappiamo dove andare, persi i punti di riferimento, la tana, il possesso, il ruolo, l’obbedienza, la fatica… fermiamoci!”
Sakuranbo: “Affronteremo schiere di esseri, esseri dagli occhi opalini, vuoti come secchi bucati, piedi coriacei con pelle dura, mani con artigli penzolanti, tutti esposti da babordo a tribordo. Schierati, paurosamente convinti della propria materia, incastonati nel proprio nome.”
I-O: “Possiamo farcela, da solo non avrei potuto, ma con te a fianco sorriderò e combatterò, invocando l’aiuto del maestro (R.I.P.).”
Sakuranbo: “Una poetessa scriveva, che la morte non può cancellare nessun vissuto.”
I-O: “OK, ma devo concentrarmi, lo scontro sarà duro, non ho perso negli anni la mia ferocia, (mi riconosco come guerriero), comunque senza occhiali non vedo bene.”
Sakuranbo: “Questo suono, lo senti? Come un battere di piedi sul suolo che ricopre una grande caverna, (rimbomba), è orrendo, è epico.”
I-O: “Vado avanti fratello, tu aspetterai dietro di me, avrai penna e carta, canterai la battaglia… posso farcela anche da solo… non versare lacrime e se lo farai non vergognartene mai!”