Mandala – parte prima
Era pronta. Era pronta per la distruzione del Mandala, perché aveva accettato che la vita è un continuo fluire di attimi fuggevoli e che le tante esperienze vissute, le persone incontrate, gli amori consumati facevano parte della sua storia ma non del suo destino. Era pronta per il potente soffio che avrebbe sparpagliato la sabbia colorata restituendola al vento, si sarebbe liberata del suo passato che come un fossile si conservava testardo perché rimasto sepolto nelle pieghe della sua esistenza. Aveva creato il Mandala nel grande spazio circolare del suo giardino, in una giornata senza sole e senza desideri, ispirata da una ragnatela argentata: ricamo ornamentale per morti lente, trappola attraente di un ragno famelico. MA… prima di rimescolare e lasciar andare forme e colori di ogni singolo granello di sabbia che con gli altri formava un mirabile disegno dagli intricati intrecci, lei doveva riempire di luce i suoi occhi bucati che non sapevano più piangere. Il mazzo di rose nere era stato lasciato sul pavimento da settimane, ogni tanto apriva i boccioli ormai di cartapesta per aspirare l’antico profumo dei petali, come a cercare una risposta, sapeva che tutto ciò che non cambiava era destinato a morire. Loro non si vedevano spesso. Rispetto all’ultimo incontro, lei aveva quattro orecchini in più sulla cartilagine bianca del suo orecchio destro, in tutto dodici fori in fila riempiti da scadente bigiotteria; tutta quella ferraglia abbrutiva il suo sensuale orecchio, fragile conchiglia tra rottami e banalità. Sedeva solitaria su un alto sgabello, aspettava il suo arrivo. Sarebbe stata l’ultima volta, sapevano entrambi che con quell’incontro si fondevano ancora per poi congedarsi l’uno dall’altra per sempre. Nell’attesa, fissava la morbida cascata ipnotica della sabbia dentro la clessidra, era come se girasse tra le dita la sua vita. Questa era finita e ricominciata molte volte, spezzandosi sempre davanti allo stesso dilemma. Per questo aveva capito che qualcosa andasse rivisto, alcune priorità andavano ribaltate insieme alla clessidra. Nei loro incontri c’era tutto e niente. Non erano amici, non erano amanti, non erano una coppia, non avevano mai pronunciato la banale promessa, non elemosinavano l’amore e a volte non facevano nemmeno sesso; erano altro, erano oltre qualsiasi classifazione, schema o prigione relazionale; si cercavano e si andavano a prendere per mano dentro le loro ansie e fragilità. I loro incontri erano un profondo studio l’uno dell’ altra. La natura celebrare del loro carattere li portava a filtrare ogni esperienza attraverso la mente per trovare rifugio nella tranquillità fasulla della razionalità, ma il sesso a cui si abbandovano faceva emergere la parte non addomesticata di sé stessi, quella pulsionale e vibrante. Affinita’ intellettuale e passione, questa era l’impalcatura che sorreggeva il loro stare insieme senza tempo. Coraggiosi e disorientati si scavavano dentro, oltre le ossa, assumendosi il rischio di trovare il proprio vuoto, la pelle non poteva difenderli dalla potenziale brutalità del contatto, l’incontinenza con cui esprimevano il desiderio l’uno dell’altra suscitava in loro ribrezzo e attrazione. Lui arrivo’ all’ appuntamento con ritardo, offrendole un mazzo di fiori di stramonio. L’odore dolciastro che emanava era così forte da risultare sgradevole e la scelta del fiore eloquente preludio di un incontro ammaliante e velenoso. Si salutarono. Lui le sfiorò la guancia con una delicata carezza. Lei gli si avvicinò solo per annusare il suo odore. Restò delusa nel sentire che la sua pelle non emanava alcun profumo oltre a quello naturale. Aveva dimenticato, sine cura, un dettaglio che per lei era tutt’altro che insignificante. Occhi negli occhi, senza parlare si dissero di avere voglia l’uno dell’ altra, si amavano come cani randagi, gioivano delle situazioni che di volta in volta creavano con autenticità e abbandono. Tracannarrono il loro desiderio in un brindisi di benvenuto. Lei era vestita di bianco, lunghi veli di organza trasparente scivolavano sopra al suo corpo nudo fino ai piedi. Imperativa disse all’ uomo di guardarla.
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