Giocasta

Ho adornato con ceri e ghirlande
una stanza vuota.
Tracannando scale
è riaccesa la mia arrendevolezza,
delle nudità un incantesimo
delle velleità una macchina.
Assisa in trono
emuli la distruzione
nelle tue carestie che non graziano chi umili.
Un salotto il mattatoio
sigillato e vestito a notte.
Coi telefoni fai regia
dei sentimenti più disperati
dei pentimenti più assennati.
Un leggio di vetro
dove scocchi sortilegi,
mangi cicuta e partorisci leoni marini.

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