Superbo

Su quest’ isola non esistono fiumi tortuosi, non ci sono quindi uomini coraggiosi?
Mi sottraggo al girovagare, ammiro le saline rosa.
Il mulino é distrutto e i muri sono a secco, dentellati.
Seduto, ho gambe e piedi incrostati di fanghiglia, sabbia e terra.
Seduto, il silenzio crepuscolare, allargo le braccia e chino il capo.

Seduto, rifletto: allontano l’amore, uno spazio perduto, parole infeltrite e consumate, le parole dell’odio.
Perché non ho piegato i miei ricordi scoloriti?
Ho amato, è vero, un amore indisponente, altezzoso. Desideravo abbassare la testa in un proverbiale incanto, in quel muro di rovi. Un volo distratto delle libellule porpora e le farfalle gialle dal riflesso d’ali lucente.
Una battaglia e la caduta delle teste, per mano mia. La mano brandisce l’arma con forza prima del colpo, la stessa mano che era stata carezza e incastro di dita. La mano che esitante afferrò la spada e la sguainò.
Non ho acquerelli né pastelli, quindi cosa posso disegnare?
Dovrei essere una ghigliottina perfetta, un calibro. Che cos’è la pietà?
Dove cresce l’albero e il “libro albero”? Avreste creduto all’ innocenza e alle spalle alte?
Una musa, l’antro della Sibilla. Il non-riso sulle labbra asciugate dal vento, le mie labbra saline. No, non amerò mai più!

Ti spingo via perché sei un corpo decadente e frenetico, relativamente attraente.
Ti spingo via [un duello].
Poi un omaggio, la rinascita della fenice in ogni lacrima. Concedimi un sogno leggero.
Mi sveglierei sereno stanotte, non agitato dalla caduta nel vuoto, nel pozzo vuoto che è il mio letto.
Oggi, come allora, per risparmiare qualche vita e qualche soldo, seduto, infangato, nell’immensa corona d’argilla e sale.
Seduto piegato e lento con il masso che schiaccia il volto di fianco a terra. Il respiro faticoso.
Non perdonatemi, è solo il mio dispotico coraggio [senza fiume tortuoso].