Cattleya
Sudario di mammelle impresse su pellicola,
stampe bigotte e televisivo il patibolo.
Sporca di buio hai mutato in orchidea rovente
il fango inghiottito, sia pia che clandestina.
Quasi moglie mai indossatrice,
quasi monaca mai attrice,
imbellettarti cadavere
è mascherare l’avarizia con cartapesta,
è seminare giubilo nell’insensatezza.
Di questi versi tardivi
(glifi degli impostori)
hai occupato l’unica nicchia vacante
e ricordato ogni anima randagia a me diletta.
Esaltare quel ventre squartato
diventa rinunzia e offerta e immolazione,
nessun omaggio
alcuna voce:
solo cenere di rose.
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