Didone detronizzata
Non mi restano che questi occhi,
profanati come reliquie
saccheggiati come anfore.
Dentro infierisce un acquazzone
ed annega programmato l’abbandono.
[Nave nera, prua azzurra, vele d’arancio]
La tirannide delle passioni
che dissolve la morte nel vento,
con una bufera di ginestre.
Ode l’orizzonte i singhiozzi
bruciarmi la gola?
Odono le stelle il pudore
dei sandali slacciati?
D’un maledetto straniero il battesimo
che squaglia desideri e peste nelle fornaci.
Mentre abbaiano i cani di mare
alle statue non venerate.
Mentre ignorano le atlantiche catene
ogni mio eco, e dei dispersi i silenzi.
[Corone di spose, collana sulle labbra, vipera tra i seni]
Quanto incenerimmo, allegre monarche,
dei tappeti di paglia!
Quanto sbranammo, assiderate matrigne,
delle tavole solenni!
Insistenza, amputazione, sberleffo.
Dal molo sepolto omaggerò, demoni compassionevoli,
l’angelo più terribile.
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